Heimaey di Ian Manook

Heimaey di Ian Manook

Inizia oggi il Review Tour organizzato dal blog e dedicato a Heimaey di Ian Manook, un thriller mozzafiato che si spinge oltre il genere, in cui ogni elemento è partecipe della storia, creando suspence e quasi surrealismo, in una storia che di surrealismo non ha niente ma che diventa fin troppo reale e attuale.

Kornelíus, un poliziotto islandese possente come un troll, che canta musica folkloristica in un coro di donne, trova un cadavere in una solfatara, spellato dal ventre in giù. 
Mentre cerca una spiegazione per quel delitto associato a uno strano rituale, è anche alle prese con la mafia lituana, a cui deve dei soldi; per estinguere il suo debito, s’impegna a ritrovare due chili di cocaina rubati da un mozzo durante una transazione in mare. 

Negli stessi giorni, giunge in Islanda il giornalista Jacques Soulniz: quarant’anni dopo aver visitato l’isola con un gruppo di amici, vi fa ritorno con la figlia Rebecca, la sua ribelle Beckie, con la quale cerca di riallacciare un rapporto compromesso. Sin dalle prime tappe, però, il loro soggiorno prende una piega inaspettata: l’uomo è inseguito dalle ombre del suo passato e sembra avere un conto in sospeso con quelle terre misteriose, che hanno in serbo per lui un’implacabile vendetta. Le strade di Kornelíus e Soulniz si incroceranno in un gioco crudele orchestrato dal destino. 

Dopo le steppe mongole della trilogia di Yeruldelgger, Ian Manook ci accompagna in Islanda, fra ghiacciai, vulcani, antiche leggende, scogliere impervie a picco sul mare: un paese di una bellezza abbagliante, modellato dalla collera millenaria dell’oceano. Un’Islanda arcana e luminosa, in cui dietro ai paesaggi immacolati si celano traffici illeciti di ogni sorta. Un thriller dal ritmo serrato, con personaggi indimenticabili e un’ambientazione unica: Ian Manook è tornato e non deluderà i suoi molti fan.

recensione del blog.

La prima cosa su cui voglio puntare l’attenzione è la descrizione dei luoghi, l’accuratezza dei dettagli e la capacità dell’autore – che leggo per la prima volta – di far vivere la realtà come se il lettore fosse lì accanto ai protagonisti della storia, rendendolo partecipe di ogni avvenimento.
E poi se non avete mai visto l’Islanda, queste magnifiche descrizioni, al di là della storia, stimolano l’immaginazione e anche il desiderio di organizzare un viaggio in questa terra bellissima, di cui non si conosce molto, ma che leggendo in rete ho scoperto, è ambientazione di molti thriller, una terra che paradossalmente ha un livello di criminalità molto basso.

Un inizio con un omicidio. Studiato, voluto ma di cui non si comprende il movente. Non lo comprende la vittima, non lo comprende il lettore. Di tutti gli incipit che un thriller possa avere, questo è il più semplice e classico.
Peccato che di semplice e classico questo libro non abbia niente.
E la storia prende inizio in due modi diversi: il ritrovamento di un cadavere in una solfatara che impegna il poliziotto Kornelíus e un viaggio attraverso nuovi e vecchi ricordi di Jacques Soulniz e della figlia Beckie.
Delle vite di perfetti estranei che si intrecciano in strani modi, attraverso scomparse, nuovi incontri, delitti inspiegabili e allo stesso tempo simili e legati tra loro da una strana logica: saranno tutti alla ricerca della droga lituana?

E se invece il colpevole fosse solo un pazzo, che vuole mettere in pratica solo un rituale antico per acquisire forza e potere? Basta un istante, un passo sbagliato per distruggere delle vite innocenti.
Come basta un istante per postare una foto, un itinerario su Facebook, un post che riesce a raggiungere milioni di persone che possono convivere la gioia del viaggio o esserne invidiosi e commentare con velata ipocrisia.
E se quell’istante fragile di felicità fosse spazzato via dalla follia e dalla voglia di vendetta?
Vendetta di chi? Una figlia che incolpa il padre della morte della madre? Un mafioso che vuole estorcere l’aiuto di un poliziotto coinvolgendo in una ricerca fasulla per averlo strettamente in pugno? O un riccone che vuole solo giocare e dimostrare il suo potere.

Quel viaggio è identico a quello che Jacques ha fatto quarant’anni prima: stesse tappe, stessi luoghi, stesse tradizioni, stesse foto e stessi tragici indicenti? Chi sta giocando con lui? Solo una coincidenza che qualcuno li insegua e altri li precedono? E come fare a giocare d’anticipo su chi conosce già ogni mossa?

Con uno stile di scrittura molto particolare, non convenzionale ma accurato e ricercato, con cui Ian Manook riesce a spiazzare il lettore, mettendolo sempre difronte a nuovi colpi di scena e smontando costantemente tutte le sue supposizioni, ma che lo guida in una storia che un filo conduttore anche fin troppo logico, riesce a intrecciare elementi diversi e dare loro una linearità che riesce a rendere reale e attuale la storia raccontata.
Sicuramente una lettura super consigliata.

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