Dal premio Nobel Henrik Pontoppidan, una delle pietre miliari della letteratura danese: Pietro il fortunato, pubblicato a puntate tra il 1898 e il 1904, è un grandioso ritratto del cambiamento sociale e culturale dell’epoca. Tradotto per la prima volta in italiano, oggi colpisce per la sua modernità.
Pietro è figlio di un pastore protestante delle campagne danesi. Fin da bambino sente che la vita di paese lo soffoca e si convince di essere destinato a grandi cose, al successo, alla gloria. Dopo il diploma, si trasferisce a Copenaghen per studiare ingegneria e sviluppa un suo grande progetto tecnico: un’opera idraulica che permetta alla Danimarca di competere con le grandi potenze commerciali europee. Pietro dà così inizio alla sua scalata sociale, frequentando persone sempre più ricche e potenti, scelte in base all’eventuale avanzamento che potrebbero garantirgli: cerca di accattivarsi le simpatie di banchieri, finanzieri e grandi investitori e delle loro graziose figlie in età da marito. Ma per ottenere tutto questo occorrerebbe un atteggiamento dimesso nei confronti dei potenti, una sottomissione che Pietro non ha: vuole fare le cose a modo suo, dettare legge anche tra gli alti papaveri della Borsa, e ogni volta si ritrova al punto di partenza…
Da questo romanzo è stato tratto l’omonimo film Netflix, candidato all’Oscar nel 2018 come miglior film straniero.
Henrik Pontoppidan.
Figlio di un pastore dello Jutland, nella Danimarca rurale, si trasferì a Copenaghen da giovane e, dopo aver abbandonato gli studi di ingegneria, iniziò a guadagnarsi da vivere come giornalista e scrittore.
Rimane noto per i travolgenti romanzi sociali che scrisse tra il 1890 e gli anni Venti del Novecento. Vinse il premio Nobel per la letteratura nel 1917.
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