Il caso Léon Sardoski di Romain Slocombe

Il caso Léon Sardoski di Romain Slocombe

In un momento particolare dello scenario politico internazionale, tra il trentesimo anniversario della caduta del muro di Berlino e i fatti di odio e attorno alla figura della senatrice Liliana Segre, la lettura del libro Il caso Léon Sadorski di Romain Slocombe diventa un ulteriore testimonianza di un periodo buio del genere umano, durante il quale non solo veniva giustificata la violenza e la persecuzione su determinate persone, ma enfatizza l’avidità, la mancanza di valori e il mero interesse di un gruppo ristretto di persone.

uesto libro è una lettura forte e cruda. Non aspettiamoci censure o abbellimenti per rendere meno forti le scene descritte, solo per non urtare la sensibilità del lettore; tutt’altro la verità è lì, in quelle pagine in cui emerge la crudeltà e le perversioni dell’uomo, in un regime polito che le accetta, le giustifica e premia i suoi sottoposti all’emergere il proprio lato più subdolo e oscuro. 

Le lettura si sviluppa in varie fasi: quella iniziale sembra lenta a partire in quanto appare non chiara, non dà nell’immediato di dove vuole portare il lettore se a far conoscere Léon e magari a creare un certo feeling con lui, o semplicemente a descriverlo nelle sue sfaccettature, così come viene descritta una situazione politica che magari conosciamo per altre vie, ma che molto spesso non si parla di quella specifica in Francia.

Procedendo con la lettura, ci addentriamo nella conoscenza di questo poliziotto francese e lo odiamo e amiamo allo stesso.

Lo odiamo perché dimostra la sua viltà e avidità, e il suo vendersi per salvarsi la vita infischiandosene delle ripercussioni delle proprie scelte sugli altri. Lo amiamo – a tratti – perché alla fine comprendiamo anche la sua debolezza e la sua incapacità di opporsi e di conseguenza la sua codardia.

Lèon è un personaggio sicuramente ambiguo e che approfitta con ogni mezzo di sfruttare la sua posizione di ufficiale e quasi non se ne vergogna, anzi in alcuni momenti della storia sembra volerci prendere in giro dicendo: “hai visto sono più furbo di te! ” ma non perché lo sia veramente ma solo perché avvantaggiato dalla sua posizione.

Una lettura molto realistica che non lascia molto all’immaginazione ma che ha la capacità di far riflettere e immedesimarsi, anche se impossibile, nelle vittime che hanno visto la persecuzione, morendo impossibilitati di gridare il loro dolore e chiedere giustizia, ma sono testi come questi che riportano in vita il loro ricordo non per attuare una nuova politica di odio, bensì per non dimenticare e per evitare che ci siano altri genocidi.

Non dico altro di questo, solo vi suggerisco di abbandonare i pregiudizi sul fatto che non possa essere il vostro genere di lettura abituale, e provare a dargli una possibilità.

Copia ARC fornita dalla Casa Editrice ai fini promozionali.

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