Codice a sbarre di Giulia Tubili

Codice a sbarre di Giulia Tubili

Dal 24 Giugno 2022 in libreria la raccolta di racconti Codice a sbarre – Storie di assenti e di simbionti in cattività, l’esordio letterario della romana Giulia Tubili.

Le sbarre del titolo sono quelle dietro le quali le menti dei protagonisti dei racconti si aggirano tra ricordi e slanci, ma in realtà sono imprigionate da loro stesse. La scrittura è dinamica e impressionista, affine a una certa cinematografia americana che si muove tra il pulp ed evoca lo splatter attraverso certe ambientazioni apparentemente idilliache ma che non riescono a mascherare un’inarrestabile decadenza.

Magari non è così, forse fanno bene loro. Chi sono io per giudicare i dolori atroci che nascondono in casa? Però, al contrario loro, io non so fingere il distacco. Non sono in armonia con me stessa, né con gli eventi in corso. Eppure, da bambina, mi dicevano che ero una brava attrice.
Questa raccolta di racconti non appartiene totalmente al giallo benché esprima forti suggestioni noir, pulp e thriller. Possiamo paragonarla a un “lettore di codice a (s)barre” che cerca di decifrare, racconto per racconto, le storie incredibilmente diverse della prigionia, della cattività in cui, in un modo o nell’altro, ogni essere umano finisce col cadere, per un periodo o per sempre.

Non si vuole condurre il lettore in un girone infernale né portarlo a ragionare Dei delitti e delle pene. Il carcere è un non luogo: cella, corpo o mente, che la catena sia corta o lunga come nel testo poetico della Szymborska, è un essere o non essere.
Tante sono le sbarre uno è il senso di solitudine: ferro o ossa, ferro e ossa.

«Mai che si dia il giusto peso a tutte le forme d’arte presenti nell’Universo. Però, alla fine, se ti impegni qualcosa la rimedi di sicuro e, siccome ci ho girato intorno abbastanza, mi sembra l’ora di concedervi una rivelazione. (…) Non avrei mai pensato di finire con il far parte di qualcosa. Qualcosa che, almeno a mio avviso, rimarrà nella storia.»

Giulia Tubili.
«Sono nata a Roma nel 1993 mentre tentavo di morire, uccidendo mia madre. Non ci sono riuscita e, da quel momento, ho dovuto fare i conti con un increscioso futuro che prevedeva lo scrivere biografie. Interessa al lettore o allo spettatore sapere che mi fu raccontato che a nove mesi già giocavo a ripetere parole astruse (un fenomeno da baraccone)? No, non credo. Al pubblico, interessano particolari più corposi o gossip. Però, a pensarci, il fatto che gongolassi nel ripetere “garrula!” dall’alto del mio seggiolone avrebbe dovuto mettere in guardia i miei familiari su quello che li aspettava.

Sono cresciuta ribadendo che avrei fatto l’attrice e, nel frattempo, oltre che improvvisare siparietti domestici, leggevo e scrivevo, scrivevo e leggevo. Superata l’età ingrata che per me si è rivelata più esecrabile dell’usuale, è venuto il tempo dell’Actor Studio, tre anni di Accademia cinematografica e, a seguire, stage di perfezionamento e una gavetta a tempo indeterminato.

Oggi, ho al mio attivo un buon numero di cortometraggi, alcuni spettacoli teatrali, set fotografici, almeno sette o otto portatili bruciati per usura. Fare l’attrice è estenuante perché è più il tempo speso a cercare un ingaggio, fosse pure pro bono, che quello dedicato a lavorare.

Scrivere? Mi fa volare. Scrivere riempie le notti, i vuoti incolmabili, le cicatrici di un’adolescenza negata. Scrivere è come cavalcare a briglie sciolte e, poi, tornare a compiere lo stesso percorso cercando il giusto passo.»

Materiale fornito dalla Casa Editrice ai fini promozionali.

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